Ancora una volta prende forma dagli scavi condotti a Pompei, quella che lo scrittore Luigi Settembrini definì “il dolore della morte che riacquista corpo e figura.” Uomini che persero la vita nel corso dell’eruzione e la cui impronta dello spasimo è rimasta impressa per duemila anni nella cenere.
Durante le attività di scavo in corso in località Civita Giuliana , a circa 700 m a nord-ovest di Pompei, nell’area della grande villa suburbana dove già nel 2017 – grazie all’operazione congiunta con i carabinieri e la Procura di Torre Annunziata finalizzata ad arrestare il traffico illecito dei tombaroli – era stata portata in luce la parte servile della villa, la stalla con i resti di tre cavalli bardati, sono stati rinvenuti due scheletri di individui colti dalla furia dell’eruzione.
Così come nella prima campagna di scavo fu possibile realizzare i calchi dei cavalli, oggi è stato possibile realizzare quelli delle due vittime rinvenute nei pressi del criptoportico, nella parte nobile della villa oggetto delle nuove indagini.
I corpi sono stati individuati in un vano laterale del criptopotico, corridoio di passaggio sottostante della villa, che consentiva l’ accesso al piano superiore.