Sono immediate le reazioni dopo la sentenza di incandidabilità a carico dell’ex sindaco Gaetano Cimmino e altri tre politici.
È lo stesso Cimmino a commentare a caldo: “È giusto, com’è giusto riflettere. È chiaro che dovevamo essere più vigili, e l’argine che avevamo fissato, purtroppo, non è stato sufficiente, secondo quanto affermato dalla magistratura. Era necessario prestare molta più attenzione agli atti dei dirigenti.
Questa lezione deve essere un monito per i prossimi amministratori di Palazzo Farnese. Sono grato perché finalmente la verità sta emergendo, e desidero ringraziare la magistratura: non c’è nessun addebito, alcuna connessione né relazione che possa associare il mio nome e la mia persona alla criminalità organizzata. Il sindaco paga in quanto tale, perché non poteva non sapere.
Ero convinto di aver fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità, ma evidentemente non è stato abbastanza. Questa riflessione si estende anche a politici e membri della società civile: quanto potere ha veramente un sindaco?
Dobbiamo costruire nuovi strumenti, apriamo una seria discussione. Auspico una modifica della legge che delinea il confine tra abuso d’ufficio e omissione in atti d’ufficio. Soprattutto nei territori come il nostro, in cui gli Enti locali e i sindaci hanno bisogno di maggiori risorse e controlli per garantire la corretta gestione”.
Reazione immediata anche di Emanuele D’Apice, ex presidente del consiglio comunale, anch’egli dichiarato incandidabile: “Le sentenze si rispettano e non si commentano. Ma in questo caso, che mi colpisce umanamente e mi provoca profondo dolore, si possono appellare. Non solo si ravvedono tutte le contraddizioni di una vicenda che doveva essere personale, ma anche il rammarico per averla fatta diventare una faccenda istituzionale e politica nonché un fatto di stampa, tanto inopportuno quanto difficile da dimenticare, dopo una vita per me esemplare e sempre corretta”.
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