Criminalità tra carcere violenza e giustizia riparativa.Questi i pilastri del convegno organizzato dallo studio legale Paolillo&Partner nella sala convegni dell’hotel Stabia a Castellammare.
Un incontro, visibile anche da remoto sulla piattaforma zoom, formativo per gli addetti ai lavori del diritto, che «si è reso necessario – ha spiegato l’avvocato Andrea Paollilo – per i crescenti episodi gravi di cronaca che si sono verificati nelle carceri».
Negli ultimi mesi infatti la politica e il dibattito pubblico si è concentrato sulla questione della qualità di vita all’interno delle case circondariali. «Poggioreale è un girone dell’inferno – ha commentato la deputata Annarita Patriarca, intervenuta al convegno – Nei mesi scorsi abbiamo visitato gli istituti penitenziari nel sud Italia.A Poggioreale ci sono stanze con 12-13 detenuti, con letti a castello da tre.
Una situazione da migliorare.Il problema numero uno è sicuramente il sovraffollamento.
A Poggioreale ci sono attualmente 2.060 detenuti per un carcere che ne può contenere 1300 considerando la chiusura di un padiglione per lavori che si concluderanno tra tre anni».Una situazione di emergenza che interroga sia la politica che tutta la macchina della giustizia, da sempre alla ricerca di un sistema per bilanciare la necessità di certezza della pena che di garantire il rispetto umano per i detenuti.
Sul tema è intervenuta anche Irma Conti, garante nazionale delle persone private della libertà: «La situazione precaria delle carceri è cronica e non è una emergenza solo di questi ultimi anni – ha detto l’avvocato Conti – vanno implementate le assunzioni nella polizia penitenziaria, anche perché quelle fatte in questi anni servono solo a coprire i pensionamenti.Attualmente in Italia ci sono 61mila detenuti, un numero sproporzionato rispetto agli addetti alla sicurezza.
Il carcere deve essere un luogo per il recupero, e questo non va mai dimenticato.Tempo fa ho incontrato un ergastolano ad Oristano che si era laureato.
Mi disse che il carcere aveva fatto il suo dovere ed ora, grazie a questa possibilità, i suoi figli l’avrebbero ricordato non solo per quello che ha fatto ma soprattutto perché si era laureato.Oggi occorre puntare sull’implementazione della giustizia riparativa.
Bisogna farlo per le carceri, per i detenuti e soprattutto per la società».Presente anche la direttrice del centro penitenziario “Pasquale Mandato” di Secondigliano, la dottoressa Giulia Russo: «Nelle carceri noi dobbiamo rieducare e risocializzare e per essere credibili bisogna puntare da una cosa semplice: la quotidianità – ha detto Russo – A Secondigliano abbiamo distribuito 300 frigoriferi, cambiato le televisioni e sostituito 680 materassi.
Per il reinserimento abbiamo allestito delle sale di formazione lavorativa e nel 2018 abbiamo firmato un protocollo d’intesa con la Federico II.Oggi sono iscritti ai corsi 80 detenuti e 8 di questi sono laureati».
Qualcosa lentamente si sta muovendo su questo fronte, ma non si riesce ancora a far fronte al numero di reati commessi, che ha fatto registrare anche un aumento dovuto alle nuove tecnologie.Il professore Giacomo Di Gennaro, esperto in scienze criminologiche, investigative e cybercrime, e direttore del master in criminologia e diritto penale presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Napoli Federico II, ha tenuto un approfondimento sulle statistiche riguardanti i numeri dei detenuti e la commissione di reati negli ultimi 50 anni: «Stiamo vivendo uno iato estremo della diseguaglianza sociale.
I minori commettono sempre più reati perché, anche attratti dai clan, vogliono fare di tutto per uscire dalle situazioni di povertà.Oggi rischiamo, per colpa delle scelte della politica di ritornare indietro di cinquanta anni».
A rappresentare le forze dell’ordine il comandante Pierluigi Rizzo, comandante del Nucelo Investigativo della Polizia Penitenziaria della Campania, e Gesuela Pullara, comandante del reparto di Polizia Penitenziaria della casa circondariale “Pasquale Di Lorenzo” di Agrigento.Il primo è intervenuto sulle disposizioni di legge per i detenuti dell’ideologia anarchica, mentre Pullara ha illustrato le tecniche di recupero per i detenuti che hanno commesso reati di natura sessuale e di violenza sulle donne.
La dottoressa Loredana D’Alessandro, Funzionario della professionalità pedagogica del ministero della giustizia, e mediatore esperto e formazione ingiustizia riparativa, ha tenuto una lezione sui caratteri generali della giustizia riparativa.Regolata in Italia per la prima volta nel 2022 con la cosiddetta riforma Cartabia, la giustizia riparativa consiste nel tentativo di risanamento del legame tra vittime, colpevoli e comunità, dopo che quel legame è venuto a mancare con il compimento del reato.
Riparazione del danno, riconciliazione tra le parti e rafforzamento del senso di sicurezza sono gli scopi della giustizia riparativa.A concludere la dottoressa Angelica Di Giovanni, già presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli: «Nel 2010 scrivevo che la confusione totale che accompagna le istituzioni del diritto penale risolvendosi in un’incertezza del diritto della pena costituisce il nocciolo della crisi che il nostro sistema del diritto penale sta attraversando.
Non è cambiato molto da allora.Resta immutata la domanda di base ancora oggi: stare dalla parte di Abele o recuperare Caino?
In questo paese tutti hanno ragione e tutti hanno diritto a tutto.Per dirla alla giuridichese: nella corsa all’ultima garanzia, l’unico a non essere garantito è lo Stato».
Una realtà emersa nel corso di un convegno che ha dato la possibilità a tutti gli operatori della giustizia di approfondire tematiche attuali e di fondamentale importanza.Un impegno che lo studio Paolillo&Partner sta portando avanti già da anni, affrontando questioni come la violenza di genere o la giustizia riparativa che necessitano di studio e confronto con chi ogni giorno le affronta sul campo.
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