È morto a 98 anni Franco Ferrarotti, uno dei sociologi più apprezzati d’Italia.Professore di sociologia all’università La Sapienza di Roma fino al 2002, è stato anche deputato nel Parlamento per la terza legislatura, eletto per il Movimento di Comunità.
Nel 2005 è stato nominato Cavaliere di gran croce.Ma c’è qualcosa di speciale che lega Ferrarotti alla città di Castellammare di Stabia, dove ha vissuto alla fine degli anni ‘50.
Franco Ferrarotti fu inviato dall’Iri nello stabilimento Navalmeccanica di Castellammare di Stabia.E nel 1959 pubblicò l’opera “La Piccola città”, una ricerca sociologica incentrata su Castellammare di Stabia, una biografia di una città prototipo dell’Italia Meridionale.
Quella città di provincia che prima di quel libro veniva definita la “piccola Napoli” per le sue caratteristiche urbanistiche e paesaggistiche, è poi diventata appunta la “Piccola città”.I suoi studi sono ancora vivi nelle pieghe della cultura stabiese e talvolta rispolverati in corrispondenza di ogni campagna elettorale.
Ferrarotti analizzò tutti gli aspetti di Castellammare, allora una città molto industrializzata, e ne ha studiato l’eterno dualismo tra vocazione turistica e industriale.C’è un passaggio molto significativo nel suo libro: “La città sta per essere inghiottita dall’irrefrenabile avanzare dell’industria, un’industria pesante, rumorosa, che si è insediata nei punti più belli della rada e del litorale su cui si affaccia e distende Castellammare: così i turisti fuggono, gli operai continuano a guadagnare poco e la città, senza essere né carne né pesce, si dibatte nella miseria”.
Anche se Ferrarotti era consapevole che la città non poteva vivere di solo turismo o solo d’industria.In quei tempi Ferrarotti sottolineava anche come lo stabilimento termale di piazzale Amendola e quello dei cantieri navali facevano a cazzotti, uno di fronte l’altro.
Turismo contro industria.Un eterno dualismo.
Ancora irrisolto dopo oltre mezzo secolo da “La Piccola città”.
Daniele Di Martino
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