«Il fatto che la Campania abbia un indice di contagio tra i più alti in Italia e il numero di decessi tra i più bassi ci dimostra che l’assistenza territoriale sta funzionando. Non che sia perfetta, siamo nel pieno di una pandemia, ma ci sono migliaia di pazienti che vengono assistiti a casa, evitando che arrivino ad occupare posti letto in ospedale».
Luigi Sparano e Corrado Calamaro (FIMMG Napoli) rispondono a chi in questi giorni cerca di fare della medicina di famiglia il capro espiatorio di una crisi che meriterebbe valutazioni ben più ampie e articolate. «A chi attacca i medici di famiglia di restare chiusi nei propri studi – dice Luigi Sparano – è bene far notare che è proprio nello studio che si concretizza il lavoro di migliaia di colleghi, alcuni dei quali hanno sacrificato tutto arrivando a contagiarsi».
Se al “disonore” delle cronache arrivano, com’è ovvio, i casi nei quali non si riesce a dare tempestiva risposta alla telefonata di un paziente, nulla si conosce della routine massacrante che c’è dietro ogni giorno di lotta al virus. «Ciascun medico di famiglia – ricorda Corrado Calamaro – ha una platea che va dai 1300 ad oltre 1500 assistiti. In media ci arrivano tra le 60 e le 80 telefonate al giorno di pazienti, alcuni dei quali hanno patologie che necessitano di un monitoraggio continuativo, altre sono invece legate all’ansia di aver contratto il virus.
Stati d’animo comprensibili, ma dobbiamo necessariamente privilegiare i pazienti con cronicità o fragili in forza di un’età avanzata. Anche perché, oltre alle telefonate, ci arrivano messaggi Whatsapp e mail, con un carico di contatti che ogni giorno superano i 200 per ciascun medico». Nessuna strategia per sottrarsi alla lotta, come testimonia, purtroppo anche l’ultimo decesso di un medico di medicina generale: Annibale Battaglia, colpito da Covid-19 qualche settimana fa e deceduto all’età di 68 anni.